Simone Rizzuto e la passione per il Great White Shark-Simone sta effettuando il dottorato di ricerca all'Università di Stellenbosch in Sudafrica


Abbiamo raccolto questa intervista/racconto rilasciata dal dottor Simone Rizzuto. Prima di rispondere alle nostre domande Simone ci ricorda il percorso di studio che lo ha portato ad effettuare attività di ricerca sul grande squalo bianco in un paese il Sudafrica così lontano dal Nostro Continente. 
Sono sempre rimasto affascinato dall’ambiente marino, specialmente dai grandi predatori come gli squali. Per questa ragione sono cresciuto con la convinzione di poter fare qualcosa per la salvaguardia dell’ambiente marino, minacciato da tutte le attività antropiche, (come l’inquinamento o l’overfishing)  che, tristemente, ne stanno compromettendo la salute.
Per questo, dopo aver completato le scuole superiori presso il Liceo Scientifico A. Volta di Colle val d’elsa (Si), ho deciso di iscrivermi nel 2006 al corso di laurea in Scienze Biologiche presso l’Università di Siena.  Nell’ultimo anno della triennale ho scelto di spendere il mio tirocinio presso il laboratorio della Dr.ssa Marsili, dove ho appreso i primi rudimenti sull’ecotossicologia dei mammiferi marini. Mi sono laureato nell’Ottobre del 2010 in Scienze Biologiche e, pochi giorni dopo, ho deciso di approfondire ulteriormente le mie conoscenze iscrivendomi alla laurea magistrale in monitoraggio dell’ambiente marino nuovamente presso l’Università di Siena (con sede distaccata a Follonica). Al termine del primo anno ho notato nella bacheca dell’università l’annuncio di una delle annuali spedizioni scientifiche del PhD Micarelli in Sudafrica per studiare il comportamento del grande squalo bianchi (“Sulle orme del grande squalo bianco 2011”). Da lì al decidere di prendervi parte è stata questione di minuti. Mi ricordo benissimo il mix di adrenalina ed incredulità nel momento in cui ho visto per la prima volta questi magnifici animali nel loro elemento naturale. L’adrenalina della prima discesa in gabbia cede il posto all’incredulità di essere al cospetto del più “temuto” predatore dei mari.
Vedere i bianchi interagire fra di loro e con l’esca ti fa capire quale sia la loro vera indole: incredibilmente curiosa. Niente lascia presupporre quell’aggressività da sempre millantata dai media. Sono semplici animali, perfetti nel loro modo di essere vivi, che svolgono il loro compito nella catena alimentare alla perfezione.
L’approccio scientifico dell’intera spedizione ha iniziato a farmi pensare in quale modo avrei potuto essere utile per la conservazione del grande squalo bianco. Nessuno studio era mai stato fatto sullo stato della contaminazione, e per questo, con la collaborazione del PhD Micarelli, della Dr. Marsili e della mia amica e collega Dr. Francesca Schillaci, abbiamo dato vita a un progetto di tesi innovativo“Biopsie cutanee per la valutazione dello stato ecotossicologico del grande squalo bianco”, con la quale mi sono laureato nel 2012 con il massimo dei voti.

Dopo la tesi, tra un tirocinio e un contratto di lavoro presso l’Acquario di Livorno, ho continuato a portare avanti il mio progetto, partecipando alla Spedizione del 2013, durante la quale ho avuto l’onore di conoscere non solo il Prof. Leonard Compagno (massima autorità per chi fa ricerca su elasmobranchi, nonché facente parte del comitato scientifico del Centro Studi Squali), ma anche il Prof. Hannes Van Wyk, esperto in eco fisiologia dei vertebrati terrestri e marini della Stellenbosch University (Sout Africa).

Dopo qualche mese di attesa (ci sono volute tanta pazienza e dedizione ma anche tanta testa dura) mi sono visto offrire un posto come PhD student presso quella università, sotto la supervisione del Prof. Van Wyk, continuando anche la collaborazione con l’Università di Siena ed il Centro Studi Squali.
Purtroppo non è tutto oro quello che luccica, e infatti dopo la gioia per aver ottenuto il posto è arrivata la doccia fredda della mancanza di fondi per studenti internazionali. Come avrei potuto sostenere tutte le spese necessarie per iniziare e finire il mio dottorato?
Nel frattempo avevo applicato per una borsa di studio presso il laboratorio della Dr. Marsili, che ho fortunatamente vinto.  Grazie a questa borsa e alla collaborazione con Siena posso portare avanti la mia ricerca in Sudafrica.

Per poter prelevare campioni da specie protette come gli squali bianchi servono una serie di permessi provenienti da autorità locali (Cape Nature), nazionali (Department of EnvironmentalAffairs), accademiche (Ethical Committee of Stellenbosch University), ed internazionali (CITES). E’ un processo lungo e tortuoso, ma che è essenziale seguire per poter essere in regola con la legge. A Febbraio 2015 finalmente sono arrivati tutti i permessi, permettendomi (perdonate il gioco di parole) di iniziare la campagna di campionamento il 3 Marzo 2015.

Ed ecco la nostra intervista a Simone:


Simone sei tornato da poco in Sudafrica per continuare la tua preziosa opera di studio e ricerca in ecotossicologia del Grande Squalo Bianco. Con il blog del Centro Studi Squali abbiamo seguito e testimoniato dal vivo alcune fasi importanti del tuo lavoro. Puoi raccontarci qualcosa in più sul tuo lavoro?
Il progetto che sto portando avanti da Marzo 2015 vuole portare un po’ di luce su un argomento che è rimasto un po’nell’ombra della comunità scientifica: quali sono i livelli e gli effetti dei contaminanti ambientali sugli esemplari di squalo bianco? I contaminanti ambientali vengono prodotti continuamente dalle attività antropiche sotto forma di pesticidi, fungicidi, idrocarburi, etc. e molti di questi composti chimici hanno la capacità di essere altamente tossici (cancerogeni, mutagenici e genotossici)  e persistenti (rimangono nell’ambiente per molto tempo). Lo squalo bianco, trovandosi all’apice della rete trofica ha la capacità di accumulare questi contaminanti seguendo i processi di bioaccumulo e biomagnificazione, trovandosi nella posizione di potenziale pericolo ecotossicologico.
Alcuni di questi composti chimici hanno la capacità di comportarsi come distruttori del sistema endocrino, compromettendo il normale funzionamento fisiologico dei questi top predatorsTalvolta possiamo assistere alla anomala produzione di sostanze (in questo caso proteine) che in condizioni normali non verrebbero prodotte. Questo è il caso della vitellogenina e delle proteine della zona radiata, proteine normalmente presenti in femmine di squalo bianco sessualmente mature, che sono state trovate in organismi femmine sessualmente immature, o in maschi sessualmente immaturi. Tutto ciò è estremamente preoccupante, e in un futuro potrebbe portare al fenomeno dell’inversione sessuale, per altro già registrata in altri esemplari di elasmobranchi, ovvero esemplari che sono fenotipicamente maschi (cioè con organi sessuali maschili) ma con caratteristiche fisiologiche femminili (che comporta l’impossibilità di produrre gameti maschili) impossibilitando la riproduzione.

Conoscere come i bianchi rispondono alla contaminazione è quindi di vitale importanza, in quanto rappresenta un aspetto fondamentale per la loro conservazione, ma non solo. Questo progetto vuole anche far capire quali siano i pericoli cui vanno incontro i consumatori abituali di carne di squalo. Consumare questo tipo di organismi non è molto salutare poiché trovandosi all’apice della catena alimentare (o rete trofica che dir si voglia) sono in grado di accumulare buona parte dei contaminanti ambientali, arrecando al consumatore potenziali danni di vario tipo, dal cancerogeno al mutageno.

Ma come si fa a prelevare una parte di tessuto dall’animale senza ucciderlo? Proprio qua sta la novità di questo progetto. I pochi precedenti studi sono stati compiuti su animali morti, rimasti intrappolati nelle reti. Attraverso la biopsia cutanea siamo in grado di prelevare un piccolo pezzetto di pelle e muscolo (3,5 cm per 0,5 cm) dall’animale senza arrecargli alcun danno. E’ incredibile quante analisi possano essere compiute su di un singolo campione. Proprio per questo sto collaborando con un altro gruppo di ricerca proveniente dalla Sussex University (UK), dividendo il campione in altre due parti per due differenti progetti sulla dieta e la genetica dei grandi squali bianchi.

Chi sono le persone che ti hanno insegnato di più nel corso della tua carriera di studio? Chi ti ha trasmesso questo passione per lo studio dello squalo bianco, se c'è stato, o cosa ti ha spinto verso questa strada?

miei mentori, che mi hanno guidato fin qui sono senz’altro il PhD Micarelli e la Dr. Letizia Marsili. Primo (Micarelli) ha il merito di avermi fatto conoscere il grande squalo bianco da punti di vista molto diversi da quelli cui siamo abituati. Tendenzialmente direi che il suo approccio è duplice: il primo è molto ravvicinato, in quanto vedere gli animali dalla gabbia, a poche decine di centimetri dal tuo viso non è solo emozionante ma ti consente di stabilire un contatto diretto con quello che ti circonda. Il fatto che questi animali stabiliscano un “contatto visivo” (sì, i loro occhi, di un blu profondo ti cercano, ti indagano) ti fa capire quanto siano curiosi e inquisitivi, ma senza essere aggressivi. Il secondo approccio è di grande respiro, la possibilità di assistere alle lezioni sulla biologia, la fisiologia e l’evoluzione degli elasmobranchi è impagabile.
Letizia (Marsili) ha il merito di avermi trasmesso la passione per l’ecotossicologia e per la salvaguardia degli organismi marini. Questa branca della biologia mi era totalmente ignota nei primi anni dei miei studi, ma è diventata la mia passione nel momento in cui ho assistito alle prime lezioni (vi garantisco che il livello di interesse degli studenti è direttamente proporzionale al livello di dedizione che viene impiegato dal docente per spiegare la propria “materia”, e inquesto Letizia è maestra).

Quali sono i sacrifici che sicuramente un ricercatore come te con un lavoro così impegnativo e anche così lontano dal tuo paese d'origine hai dovuto o devi affrontare?

Chi vuole intraprendere questo tipo di professione, in questo specifico campo oppure in un altro, deve essere sempre pronto a ogni genere di eventualità, sacrifici compresi. Per quanto mi riguarda, e con tutta la modestia di questo mondo, ho scoperto di possedere delle qualità che prima non conoscevo, come una buona dosa di pazienza (anche se chi mi conosce bene non lo direbbe mai), intraprendenza, coraggio misto ad incoscienza e tanta, tanta testa dura (questa invece è una mia caratteristica ben nota).
Avendo la fortuna di poter “iniziare” a realizzare il mio sogno non parlo di sacrifici, perché chi si alza ogni santo giorno per fare il lavoro che è “costretto” a fare per vivere avrebbe tutto il diritto di chiudermi la bocca.
Sono estremamente felice di fare quello che faccio, anche se questo comporta allontanarsi dal mio paese, dalla mia fidanzata Marina (ricordate di quando parlavo di incoscienza? Ebbene nonostante il mio lavoro a Settembre ci sposiamo), dalla famiglia, dagli amici. Mi alzo la mattina all’alba col sorriso sulle labbra, sapendo di andare a fare quello per cui ho investito tanto tempo e fatica. Il viaggio in barca dal porto al sito di avvistamento sembra ogni mattina più breve, le operazioni per l’ancoraggio di barca e gabbia non pesano mai. Passo una media di 4 ore al giorno imbracato sopra la gabbia per prelevare i campioni con un palo da biopsia, e altrettante al computer per sistemare i dati del giorno,ma vi posso assicurare che volano via come se fossero minuti.

Devo ringraziare tantissimo la Marine Dynamics Shark Cage Diving Company (www.sharkwatchsa.co.za) e il Dyer IslandConservation Trust (www.dict.org,za) per il supporto logistico e morale che mi forniscono ogni giorno. Lavorare in un ambiente così predisposto per la ricerca e la conservazione della fauna marina è un vantaggio enorme, sia dal punto di vista logistico che umano.

Di recente hai presentato con il Centro studi squali un poster sulla tua ricerca al SIBM, ci puoi raccontare come e' andata? (http://pinterest.com/pin/A1OYeQAQQHAECyJ2T3QAAAA/)

Posso dire che è stata davvero una bella esperienza, senz’altro formativa per me. Avevo già avuto altre esperienze di questo tipo all’estero in altri congressi, ma questa è stata la prima opportunità per poter mostrare i nostri dati preliminari in Italia. La nota positiva è che il poster, presentato in collaborazione con l’Università di Siena, Stellenbosch, Centro Studi Squali e Università della Calabria, ha vinto il premio di partecipazione della SIBM, cosa di cui siamo estremamente lieti, segnale che la nostra ricerca viene apprezzata non solo all’estero ma anche all’interno della comunità scientifica del nostro paeseSpero davvero che sia soltanto l’inizio.

In conclusione, e ringraziandoti per la tua disponibilità, un ricordo o un momento particolare di questa esperienza di ricerca che ti ha particolarmente segnato e che ti senti di condividere con noi.

Credo che ricorderò sempre uno dei primi giorni di campionamento, il 10 Marzo 2015. Eravamo usciti all’alba con la piccola imbarcazione da ricerca della Marine Dynamics, Lwazi (6 metri), dietro Geyser Rock (l’isola su cui vivono più di 50.000 otarie del capo)Il mare, come spesso accade in questa area, non era dei migliori ma avevamo deciso di tentare lo stesso per non buttare via la giornata. Dopo quasi tre ore di attesa fu il momento di cambiare postazione perché di squali bianchi neanche l’ombra. Così ci avvicinammo alla spiaggia, vicino all’imbarcazione turistica, lo Slashfin, dove sembrava esserci attività. Infatti dopo una mezz’ora di attesa si presenta Whitney, una bellissima femmina di 4,2 metri,semplicemente perfetta, con un punto bianco all’estremità della pinna dorsale.
Dopo aver preso tutti i dati morfologici ed averla foto identificata, era giunto il momento di prendere il campione.
Avevo l’adrenalina a mille sia per la paura che la barca potesse ribaltarsi da un momento all’altro (lo skipper era tranquillo ma io no) sia per l’eccitazione di poter raccogliere il mio primo campione. Il fatto di avere gli occhi di tutti ipasseggeri, dei colleghi e dell’equipaggio di Lwazi e Slashfin non aiutava più di tanto. Mi ricordo questa massa di muscoli lunga quasi quanto la barca prendere velocità nell’approcciare l’esca, avvicinandosi sempre di più. Giunta a portata di tiro ho affondato il palo da biopsia con tutta la forza che avevo nel braccio. SBAM. Ho avvertito lo stesso effetto di quando sbatti contro un muro. Pura Potenza.

Com’è andata?

Whitney non si è accorta assolutamente di niente, continuava a nuotare tranquilla verso l’esca. E noi avevamo il nostro campione!

Grazie Whitney.  
  
Vi segnaliamo che il nostro Simone ha aperto un blog ....e cercheremo di seguirne le attività anche attraverso questo suo racconto diretto.


XII Spedizione di ricerca in Sudafrica sul grande squalo bianco organizzata dal Centro Studi Squali di Massa Marittima 

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